Albrecht Reimold, membro del Consiglio di amministrazione Porsche e responsabile Produzione e Logistica, parla di un futuro con propulsori misti, di neutralità climatica e di entusiasmo inarrestabile

Signor Reimold, ci saranno ancora motori a combustione interna nel 2050?

Tenendo conto di tutti gli elementi che posso valutare allo stato attuale, la risposta è chiara: sì! Ma non sono un profeta, e trent’anni sono un lungo periodo di tempo. In Porsche abbiamo adottato già da anni una strategia produttiva chiara e sostenibile. Si basa su una triade formata da motori a combustione efficienti, modelli ibridi a basse emissioni e mere vetture elettriche. Stiamo sistematicamente portando avanti questa strategia per la quale le tecnologie a basse emissioni svolgono un ruolo sempre più decisivo. Il motore a combustione ha ancora tutte le potenzialità per soddisfare le crescenti sfide ambientali.

Anche in Porsche?

Soprattutto in Porsche! Tra soli cinque anni una Porsche su due avrà un motore elettrico: come veicolo ibrido o come pura auto sportiva elettrica. In questo modo assumiamo un ruolo pionieristico in ambito tecnologico. Tuttavia, nelle varie regioni del mondo la mobilità elettrica e il relativo potenziamento delle infrastrutture hanno tempi di sviluppo molto diversi. Per questo stiamo valutando anche soluzioni innovative come la produzione sostenibile di combustibili sintetici. Questi saranno messi in commercio nei prossimi cinque anni. Secondo gli esperti, i cosiddetti eFuel potrebbero far risparmiare diversi milioni di tonnellate di CO2 all’anno.

Che impatto avrà tutto ciò sulla futura gamma di modelli?

Diciamo così: Porsche diventerà più elettrica, ma non sarà solo elettrica. Ad esempio non ci sarà una 911 a propulsione totalmente elettrica. Nei prossimi cinque anni investiremo ben 15 miliardi di euro nella mobilità elettrica, nella produzione sostenibile e nella trasformazione digitale.

Porsche sta dunque puntando sul futuro. E la strategia 2030 lo sottolinea. Quali sono gli obiettivi?

Siamo consci del fatto che per noi le grandi sfide del nostro tempo rappresentano un’opportunità. La strategia Porsche 2030 stabilisce che Porsche deve diventare sempre più sostenibile e che prendiamo seriamente la responsabilità verso la società. A spronarci c’è sempre il nostro entusiasmo e l’entusiasmo dei nostri clienti. Porsche rimane il marchio per chi insegue i propri sogni.

Perché ritiene la sostenibilità così importante? E qual è l’elemento specifico Porsche nel suo approccio?

La sostenibilità è un elemento centrale della nostra strategia. E ci occupiamo del tema sotto ogni aspetto, da quello ecologico e sociale alle questioni di corporate governance responsabile. Alla base vi sono sei campi d’azione: decarbonizzazione, diversità, partner della società, responsabilità nella catena di fornitura, governance e trasparenza. Li integriamo in tutte le attività future. Concretamente ci impegniamo a rispettare gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima e, ad esempio, miriamo ad avere una produzione CO2-neutrain tutte le nostre sedi. È quanto già accade a Zuffenhausen dall’inizio dello scorso anno. Lipsia seguirà quest’anno. Riteniamo importante considerare il tema nella sua totalità, a livello economico, ecologico e sociale. Non crediamo sia giusto esaminare singoli aspetti; il tutto funziona solo come sistema. Ci serviamo quindi della creatività di ogni reparto del Consiglio di amministrazione. Le diverse tematiche sono gestite a livello centrale dal reparto strategico

Porsche è un’azienda pionieristica nella mobilità elettrica. Un obiettivo importante già per Ferry Porsche. Quali dei valori tradizionali del marchio possono offrire un orientamento per il futuro?

Fin dall’inizio Porsche ha agito in modo coerente in merito a garanzie a lungo termine, tecnologie dei gas di scarico e di sicurezza. Riciclabilità e durata sono sempre stati importanti, anche per i nostri clienti. La carrozzeria completamente zincata è stata introdotta in Porsche già alla metà degli anni Settanta. E siamo molto orgogliosi del fatto che circa il 70%di tutte le Porsche prodotte sia ancora in circolazione. Cosa c’è di più sostenibile di un’auto vecchia di decenni che continua ad affascinare i suoi proprietari?

La Porsche Taycan è molto innovativa, anche per quel che riguarda la produzione. Come giudica le esperienze fatte finora?

Positivamente, da ogni punto di vista. La Taycan è stata uno dei progetti più impegnativi mai intrapresi da Porsche. Abbiamo costruito una fabbrica totalmente nuova nel nostro stabilimento principale. Abbiamo introdotto processi produttivi completamente nuovi e innovativi. Abbiamo creato ben 2.000 nuovi posti di lavoro e lanciato un intenso programma di specializzazione per i nostri dipendenti. E nonostante tutte le ulteriori difficoltà che abbiamo dovuto affrontare lo scorso anno a causa della pandemia del coronavirus, siamo riusciti a superare l’obiettivo originario di 20.000 unità vendute. La Taycan è una vettura affascinante al momento giusto.

Segue ora la Cross Turismo. Quali esperienze della produzione della Taycan avete potuto usare per la sua ottimizzazione?

Al giorno d’oggi, in particolare per i veicoli elettrici, l’ingegneria automobilistica affronta un insieme di tematiche legate a hardware e software. La nuova Cross Turismo non fa eccezione. Non si tratta di un’auto completamente diversa. Per la prima derivata della Taycan non abbiamo dovuto rivoluzionare nulla. Abbiamo piuttosto individuato i dettagli che avremmo potuto migliorare. Maggior efficienza, maggior tipicità Porsche. Durante il primo anno di produzione della Taycan abbiamo effettuato molte ottimizzazioni, anche piccole, nelle fasi del processo produttivo. Questo lavoro minuzioso risulta ora essere un gran vantaggio per avviare la produzione della Cross Turismo.

La Taycan e la Taycan Cross Turismo nascono grazie a metodi di produzione innovativi, cioè alla tecnologia produttiva 4.0. Quali sono le sue peculiarità?

Ciò che più salta agli occhi è sicuramente il fatto che nell’assemblaggio abbiamo sostituito la classica linea di montaggio con sistemi di trasporto senza conducente. Secondo il principio della catena di montaggio questi sistemi trasportano la Taycan, e ora la Cross Taycan, da stazione a stazione. La chiamiamo Flexi Line e ci apre nuove possibilità. A differenza della linea di montaggio, ora possiamo modificare l’assemblaggio in ogni momento, effettuare miglioramenti, integrare nuovi componenti o bypassare una stazione per, ad esempio, soddisfare desideri specifici dei clienti.

Prevedete di adottare questi metodi produttivi anche per altri modelli di serie o di estenderli a tutto il gruppo aziendale?

In relazione alla tecnologia produttiva Porsche 4.0 si parla spesso di rivoluzione. In effetti stiamo continuando a sviluppare quello che abbiamo creato già in passato con i metodi snelli, l’automatizzazione o nella simulazione e nella pianificazione virtuale del prodotto e della produzione. La cosa più importante è che continuiamo a mettere al centro sempre le persone. Puntiamo su specialisti altamente qualificati. Da un lato la digitalizzazione ci aiuta a creare un ambiente di lavoro ergonomico e dall’altro lato supporta i nostri colleghi quando si devono esaminare processi molto complessi. Il nostro principio di Smart Factory non si limita a raccogliere dati in modo puntuale. Pensiamo a come si possano analizzare intere linee di processo per verificare il loro potenziale di efficienza e a come si possa garantire la dovuta qualità. Per questi aspetti lavoriamo a stretto contatto con i colleghi del Gruppo nell’ambito della piattaforma di produzione digitale (DPP).

Il suo obiettivo è la Zero Impact Factory. Prima di entrare nei dettagli, quali sono le tappe fondamentali per arrivarci?

Secondo la filosofia della tecnologia produttiva Porsche 4.0 – smart, lean and green – questo è il terzo aspetto fondamentale della strategia. La sostenibilità risulta dalla somma di molti elementi singoli. La paragono a un puzzle. Fin dall’inizio la produzione della Taycan a Zuffenhausen è stata CO2 neutra, dal 2020 questo vale anche per le nostre vetture sportive dei modelli di serie della 911 e della 718. La nostra visione è la Zero Impact Factory, una fabbrica che riduce al minimo l’impronta ecologica. Nella nostra politica ambientale e tecnologica abbiamo già stabilito chiare linee guida in materia di protezione ambientale, obiettivi ambientali, attitudine dirigenziale e conformità normativa. Anche in questo caso è necessario avere un approccio d’insieme. Ciò significa che non vengono valutate solo le emissioni della nostra produzione, ma anche l’intero ciclo di vita delle vetture, dall’estrazione dei materiali al loro riciclaggio.

Dal 2014 Porsche ha ridotto del 75% le emissioni di CO2 per ogni veicolo in fase di produzione e logistica. Con quali misure si può migliorare ulteriormente?

Con molta passione, lavorando nel dettaglio ed essendo persuasivi (sorride). Già oggi il 100% della corrente che usiamo proviene da energie rinnovabili. Al contempo siamo riusciti a ridurre il consumo di energia e di acqua di un buon 20% per ogni veicolo prodotto. Inoltre espletiamo tutti i nostri trasporti ferroviari con energia rinnovabile e quindi con neutralità climatica. A Zuffenhausen produciamo calore nelle nostre centrali di cogenerazione azionate da biogas e quindi CO2 neutre. Come si può notare, si tratta di un grande puzzle. Le idee non ci mancano e sicuramente non ci manca la voglia.

Quando riuscirà Porsche a raggiunge l’obiettivo di Zero Impact Factory?

Siamo sulla buona strada. Ci siamo prefissi una tabella di marcia molto concreta in termine di tempi e contenuti. Grazie alle numerose tappe intermedie ci avviciniamo, passo dopo passo, sempre di più alla neutralità di CO2.

Quale ruolo svolge la neutralità carbonica nella produzione dei componenti, in particolare nella produzione delle celle per le batterie?

Per poter ridurre le emissioni di anidride carbonica prendiamo in esame l’intera catena del processo. Per la produzione delle celle delle batterie ad alta tensione della Taycan abbiamo quindi imposto per contratto l’utilizzo di energie rinnovabili. E stiamo cercando di farlo anche in altri ambiti. Dato che creiamo un elevato valore aggiunto esterno, è chiaro che una quantità relativamente elevata delle nostre emissioni di CO2 viene generata nella catena di fornitura. Perciò il tutto dipende anche da una stretta collaborazione e da un’elevata volontà di cooperare dei nostri partner. Secondo il principio pretendi e premia. Nel 2019, con il cosiddetto S-Rating abbiamo stabilito criteri vincolanti per i nostri fornitori in merito a impatto ambientale, condizioni sociali e requisiti di conformità. Concretamente la S, sustainability cioè sostenibilità, assume per noi lo stesso valore della qualità, dei costi e della puntualità nella logistica.

Cosa rende la Taycan una vettura sostenibile?

Quando si tratta di impatto ambientale, non ci concentriamo solo sulla produzione. Già nella fase di sviluppo dei nuovi modelli abbiamo prestato particolare attenzione a costruzioni leggere, aerodinamica e riciclabilità. Nel complesso, il modo in cui costruiamo un’auto viene scelto così da poter produrre con il minor utilizzo possibile di energia. Usiamo poi, per la prima volta, materie prime rinnovabili, ad esempio nelle finiture delle portiere. E il rivestimento del pianale è composto, fra l’altro, anche da una fibra riciclata, ricavata dagli scarti delle reti da pesca.

La sostenibilità è un criterio determinante anche nel segmento delle auto sportive?

Più che mai. I nostri clienti sono preoccupati quanto noi per la loro impronta ecologica. Devono mettersi in discussione sia come individui sia nel loro ruolo professionale. Oggi si vive in modo più consapevole. Molta gente attribuisce importanza all’uso attento e sostenibile delle risorse naturali. Oggi non possiamo più puntare solo sulla sportività e sulle prestazioni.

Ma un’auto sportiva può essere un esempio per altri tipi di veicoli?

Anche in questo caso: assolutamente sì. L’efficienza è una delle caratteristiche fondamentali delle vetture sportive. Siamo quindi sempre un passo avanti e un modello di riferimento per le tecnologie efficienti. Si pensi, ad esempio, alla tecnologia ibrida. Prima di passare alla produzione di serie, l’abbiamo introdotta con successo nelle corse. Ciò che funziona bene nel segmento di mercato superiore, viene spesso adottato anche in altre classi di veicoli. Vogliamo svolgere un ruolo pionieristico in ambito tecnologico e perseguiamo questo obiettivo in modo tipicamente Porsche. Per questo stiamo adeguando l’azienda alla mobilità del futuro.

Quindi l’automobile è un’opportunità o un rischio per il clima?

Né più né meno delle altre conquiste della nostra civilizzazione. La mobilità individuale è uno dei bisogni fondamentali di un mondo altamente interconnesso. La pandemia del coronavirus, ma non solo, ha dimostrato che tutti ora stanno riflettendo sulle cose veramente importanti per vivere. Si mettono in discussione comportamenti consolidati e ci si chiede cosa sia veramente essenziale. Tutti possono trarne beneficio. Credo che in particolare l’elettromobilità ne trarrà grande vantaggio e riceverà un’altra spinta decisiva. In futuro, tuttavia, continuerà a essere importante disporre di una molteplicità di sistemi di mobilità che tengano conto delle preferenze e delle necessità individuali. Molta gente continuerà a sognare di possedere un’auto privata. E noi di Porsche faremo di tutto per soddisfare questo desiderio in modo che sia il più compatibile possibile con il clima.